Vincenzo Caniglia Scrittore
20 settembre 2024
INCIPIT… 08 “SIMONIA”
Un pomeriggio del 1978, suona il campanello di casa. È il Medico di famiglia che aspettiamo con ansia perché deve visitare nonna Angelina; la mia amata nonna materna.
Ella è stata la mia seconda mamma; rimasta vedova, per diversi decenni ha vissuto in maniera organica all’interno della mia famiglia e ha aiutato mia madre a gestire una prole di sei figli.
Lei, che aveva frequentato fino alla terza elementare, mi ha insegnato a leggere, a scrivere e a far di conto; per far ciò usava come strumento didattico le carte da gioco siciliane.
Il medico la visita e dà il suo responso che intristisce l’intera famiglia: alla nonna rimanevano da vivere al più quarantotto ore.
Ella, in tempi non sospetti, aveva espresso il desiderio di finire la sua vita respirando l’aria di paese dove aveva vissuto con noi per diversi anni prima di trasferirci a Catania.
Mamma e papà, dopo un veloce conciliabolo, decidono di accontentarla.
La mattina dopo ci sistemiamo sulla 500 Bianchina; papà alla guida e mamma sul lato passeggero. Io e la nonna Angelina sul sedile posteriore. La sistemiamo in posizione fetale con la sua candida testa poggiata sulle mie gambe.
Partiamo; ci attendono 265 chilometri di Strada Statale che da Catania ci porterà al paese dove sono cresciuto fino ai dodici anni.
La nonna, ogni tanto, emette un flebile lamento e io le accarezzo la testa e le racconto di quando lei mi faceva giocare a “tivitti”, a scopa o a briscola e le risate che mi faceva fare quando mi raccontava antichi indovinelli.
Questo mio parlare, la tranquillizza e si addormenta fino al prossimo lamento.
E “comu voli Diu”, era un suo intercalare, arriviamo in paese.
Prendo in braccio la mia delicata e fragilissima, ormai, nonnina e la trasporto al primo piano, dove mamma e papà hanno preparato un lettino in quello che fino a qualche anno prima era il nostro salotto. Fatto ciò, mio padre mi invita ad andare in Parrocchia a chiamare Padre D. per somministrare il sacramento dell’estrema unzione alla nonna .
Io corro e arrivo trafelato nella sagrestia della chiesa; qui trovo il Prete a cui racconto che è necessaria la sua presenza a casa mia.
Egli mi conosce bene; avevo frequentato il Catechismo e servito la Messa come chierichetto per anni.
Mai, mi sarei aspettato una risposta così fredda:
“E chi vinisti a fari tu? To’ pa’ avi a viniri”. E, mentre diceva questa frase, strusciava il pollice e l’indice che in Sicilia significa: “i piccioli”, i soldi!
Torno a casa frastornato e deluso. Salgo le scale con le spalle basse ed entro nel salotto dove avevo adagiato sul letto la mia carissima nonna.
Un pianto accorato mi assale quando mi rendo conto che la nonna Angelina ha lasciato questo mondo senza il conforto religioso che avrebbe senza dubbio gradito.
Il pianto è un misto di tristezza e rabbia; rabbia impotente per il gretto comportamento tenuto dal suddetto Prelato.
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