Vincenzo Caniglia Scrittore

31 ottobre 2024

INCIPIT… 12 “SCHERZO”

Si sa quanto i bambini possano, talvolta, essere perfidi e rasentino la cattiveria più pura, anche se la motivazione dei loro gesti è di fare un semplice scherzo.

Correva l’anno 1964 e più precisamente i primi giorni di marzo. Avevo sei anni e mio fratello undici; nostro padre ci aveva portato con sé “a la Stazioni”, un appezzamento di terreno che si chiamava così perché era a poca distanza dalla stazione ferroviaria che il nostro paese condivideva con uno limitrofo.

Era tempo di potatura della vigna e io e mio fratello ci divertivamo a legare le fascine con i rami recisi da un contadino con fare preciso, e che mio padre chiamava a giornata per eseguire dei lavori negli appezzamenti di terreno di proprietà della nostra famiglia.

Brucculeri era il cognome di questo contadino e per noi bambini era un tutt’uno: nome e cognome. Brucculeri e basta; non ho mai saputo il suo nome di battesimo.

Era un artista della potatura e dello “’nzitare” cioè innestare le piante. Aveva un talento che aveva perfezionato con decenni di lavoro agricolo: preparava i solchi per l’orto che sembravano tirati con il filo a piombo. Mio padre lo vantava dicendo che non aveva mai visto una “’nzitatura” , eseguita da quest’uomo, andare in malora. Insomma era un vero artista a tutto tondo nei lavori campestri.

Quella mattina mio fratello trovò un rametto di geranio, che cresceva spontaneamente addossato ad un muretto a secco, dalla forma e dal colore che ricordava un mezzo toscano e me lo mostrò dicendo: “Ora ci divertiamo!”

In campagna la sosta per pranzare alle ore dodici è giusta e necessaria dopo una mattinata di duro lavoro che inizia molto presto.

Brucculeri era solito sedersi sotto un mandorlo che concedeva un po’ di ombra durante il pranzo che concludeva accendendo un mezzo toscano, godendoselo per alcuni minuti fino alla fine della sosta prevista.

In Sicilia, già dalla fine di febbraio, possono capitare dei giorni caldi e quello era proprio un giorno caldo e Brucculeri, rilassato, si stava godendo l’ombra del mandorlo.

Io e mio fratello aspettammo con fare indifferente che arrivasse alla fine del suo desinare e ci avvicinammo con aria innocente e mio fratello rivolgendosi a lui dice: “Brucculeri, ieri ero andato a comprare le sigarette pi me patri e il tabacchino faceva la pubblicità di una nuova marca di mezzi toscani. Viditi se a vossia vi piaci, pirchì a me patri, i sigari non ci piacciono”.

Brucculeri accese uno zolfanello e cominciò a bruciacchiare un’estremità, poi lo mise in bocca per iniziare a tirare il fumo. Appena mise il legnetto in bocca, si accorse dal sapore che non si trattava di un mezzo toscano e lo sputò via dicendo: “Eh curnuteddi, chi mi vuliavu pigliari pu u c…” non completò la frase appena in tempo ma la cambiò: “Nun mi rumpiti li sacchetti” forma più civile per dire di non rompergli le tasche.

Scappammo via sghignazzando felici.

Ero troppo piccolo per capire se lo scherzo era stato un successo o Brucculeri aveva partecipato a questa pantomima per divertirsi anche lui. Oggi propendo per la seconda ipotesi ricordando il suo viso che, mentre noi scappavamo, si allargò in un franco sorriso.

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