Vincenzo Caniglia Scrittore

27 settembre 2024

INCIPIT… 09 “MOLLICHINE”

Al giorno d’oggi siamo talmente immersi nel consumismo che quello che sto per raccontare, può essere considerato, dai più, come un atteggiamento retrogrado e malinconico.

Stamani mi siedo a tavola, già amorevolmente apparecchiata da mia moglie, per consumare la colazione insieme a lei.

Abbiamo gusti differenti, pertanto ognuno ha le proprie preferenze.

La mia consorte, prende, quasi ogni mattina, una tazza di the accompagnato da un paio di biscottini; io, invece, amo sorbire una ciotola piena di latte tiepido in cui inzuppo del pane rimasto dal giorno prima e uno o al massimo due biscottini. Questo mix mi permette di saziarmi con un consumo di zuccheri limitato.

Stamani, dicevo, mia moglie si rivolge a me scusandosi che il pane rimasto era poco e per lo più frantumato in mille pezzi perché il sacchetto che lo conteneva le era sfuggito dalle mani e cadendo a terra aveva prodotto quello che, per lei, era un’indelicatezza nei miei riguardi. Invece, questa situazione ha portato in superficie un ricordo seppellito nel dimenticatoio e che si è palesato con estrema vividezza.

Queste rimembranze sono legate al pane e alla mia fanciullezza.

Quando avevo quattro o cinque anni, a pranzo era imprescindibile consumare come primo, un abbondante piatto di pasta. Il secondo variava in base al giorno della settimana.

Ebbene, non ricordo esattamente quando toccava, ma una volta ogni sette giorni mangiavamo come secondo, pane e salumi o pane e formaggio; o l’uno o l’altro, mai contemporaneamente.

Alla mia giovane età, specialmente se il pane non era del mattino, trovavo qualche difficoltà nel morderlo per masticarlo, allora mio padre tagliava a fette il pezzo di pane che mi toccava per accompagnare il secondo, poi riduceva a piccoli quadratini la fettina di pane e su ognuno di essi poggiava un pezzetto di salume o di formaggio.

Ecco le “Cassatine” come le chiamava lui.

Era proprio una festa. In fondo quello che festeggiavo era l’attenzione di papà nei miei riguardi.

Altro ricordo legato al pranzo e al pane: alla fine del pasto, unico pasto per mio padre, non ricordo di averlo mai visto cenare; era solito allontanare da se il piatto e usando il lato non affilato del coltello, formava un mucchietto con le briciole che si erano depositate sulla tovaglia, lo raccoglieva e lo portava alla bocca.

Il pane, anche se in forma di briciole, era un alimento da rispettare e mai da sprecare. Probabilmente ciò era stato rafforzato dalle dure privazioni durante la guerra. Io non arrivo a tanto, ma se capita che dal pane cadano dei semi di sesamo, per me è inaccettabile non raccoglierli e mangiarli con gran soddisfazione.

Ricordo anche che una volta, se per caso un boccone di pane cadeva a terra, si raccoglieva, si su di esso e veniva consumato; certamente non veniva buttato. Comportamento impensabile da accettare, dalle mamme attuali che si confrontano in chat terrorizzate che qualsiasi cosa tocchi il pavimento, istantaneamente, si infetti di virus, batteri o chissà che altro.

Torno alle scuse di mia moglie; le dico che non ha nulla di cui scusarsi, ma anzi ha riportato alla memoria, ciò che ho raccontato, le dò un bacio e le auguro:

“Buona colazione”.

Nel frattempo riempio la ciotola del mio latte con le briciole prodotto dal casuale urto con il pavimento.

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