Vincenzo Caniglia Scrittore
24 agosto 2024
INCIPIT…05 “L’ATTENDENTE”
Se oggi sono qui a intrattenervi con i miei racconti, lo devo probabilmente a una figura poco conosciuta ai più e talvolta bistrattata: L’Attendente.
Fino alla metà del secolo scorso, esisteva una figura, all’interno dell’Esercito, che rappresentava il grado più basso delle Forze Armate.
L’Attendente era una sorta di assistente che affiancava un Ufficiale e lo serviva in tantissime necessità pratiche: montare la tenda, trasportare delle cassette con il corredo dell’ufficiale, pulire le armi, trasportare piccole munizioni e tutto ciò che era necessario per il benessere del proprio Ufficiale.
Gli Attendenti erano definiti dal resto della truppa: “Le serve”.
Mio padre si arruolò volontario durante la Seconda Guerra Mondiale e fu assegnato a svolgere il suo servizio con il ruolo di Capitano nelle isole del Dodecaneso.
Talvolta mi raccontava, nelle nostre chiacchierate durante le passeggiate in via Etnea, del suo Attendente e di come svolgeva in modo impeccabile il suo dovere che era di servirlo nelle necessità previste dal mansionario.
I vantaggi, indubbi, di cui potevano usufruire gli Attendenti erano rappresentati dall’esenzione delle marce e delle corvè assegnate ai soldati di truppa. In fondo era come se ricevessero, per la loro dedizione agli Ufficiali a cui erano assegnati, una guarentigia che si proiettava su loro per la frequentazione con i loro Superiori.
Quando le cose si stavano mettendo male per le truppe italiane impegnate sul fronte dell’Egeo, mio padre e di conseguenza il suo Attendente ebbero la possibilità di ritornare in Italia per una licenza; ciò fu possibile perché aveva, mio padre, rinunciato a numerose possibilità di licenza.
Diciamo che probabilmente aveva messo su, insieme a degli altri colleghi ufficiali dei piccoli e lucrosi traffici che lo trattennero oltre al necessario a Creta, prima, e a Rodi, dopo.
Al momento in cui capì che non era più il caso di rimandare oltre, chiese e ottenne la licenza e, lui e il suo Attendente, si imbarcarono su una nave che li trasportò fino ad un porto delle Marche.
Il suo Attendente era originario di quelle parti e per sfuggire alla coscrizione della Repubblica di Salò, si nascosero per diversi mesi, il Capitano mio padre, e il suo Attendente, nel casolare, di proprietà della famiglia del secondo, sperduto in mezzo alle campagne del luogo.
Quando la guerra si concluse, lentamente e con mezzi di fortuna mio padre attraversò verso sud lo Stivale.
Alla mia domanda se aveva mantenuto i contatti con il suo Attendente, la sua risposta fu evasiva e supponente:
“No, non ci siamo più sentiti; in fondo che aveva fatto di speciale! Aveva solo fatto il suo dovere di Attendente”.
Questo mio racconto vuole essere un attestato di stima e simpatia per queste umili e rispettose figure che hanno reso la vita più semplice agli Ufficiali a cui erano assegnati.
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