Vincenzo Caniglia

03 ottobre 2024

INCIPIT… 10 “MOZART”

La passione per la musica, nella mia vita, è iniziata già durante la scuola elementare.

Ricordo che dalla terza classe, il maestro ci faceva studiare le basi della notazione sul pentagramma spiegando, a noi piccoli allievi, la differenza che passa dall’usare l’alfabeto per scrivere le parole e l’uso, invece, del pentagramma per riconoscere i nomi delle note in base alla posizione sulle righe o gli spazi; si imparava una sorta di mappa mentale ripetendo come una filastrocca: mi – sol – si – re – fa sul rigo e fa – la – do – mi negli spazi. Poi si passava alle figure musicali che indicano la durata delle note: dalla semibreve, minima, fino alla semibiscroma.

Era divertente, durante l’ora di musica, affrontare i maldestri tentativi che facevamo in una sorta di solfeggio cantato, con le inevitabili stonature e le conseguenti risate.

Io ho avuto la fortuna di avere un padre melomane che amava ascoltare le ouverture di Rossini, Bellini e Verdi; cito questa specifica tipologia di musica perché, fin dalla più giovane età, mi coinvolgeva per il facile ma entusiasmante ascolto.

L’orizzonte musicale si limitò alla grandiosa triade dei compositori italiani fino a quando cominciai la frequenza della prima media.

All’età di undici anni, fui spedito in collegio, in un Istituto Salesiano di San Cataldo distante molti chilometri dal mio paese. Ero, quindi per ovvi motivi, costretto a vivere da interno nel Convitto. I miei genitori erano convinti così di offrirmi la migliore opportunità possibile di istruzione scolastica.

Passai tutto l’anno lontano da casa e dai giochi tipici che in paese si svolgevano per le strade ancora poco trafficate.

Il passatempo preferito dai compagni di scuola, in collegio, era il calcio che io non amavo praticare.

All’interno dell’Istituto c’era una figura molto simpatica ed empatica: il guardarobiere. Egli oltre alla cura della biancheria del Convitto, era anche l’organista che eseguiva le musiche durante la Messa domenicale. Aveva sempre la battuta pronta e, ricordo, era facilmente riconoscibile, rispetto ai preti rigorosamente con la tonaca, perché portava sempre, durante lo svolgimento delle sue mansioni, un camice di colore nocciola chiaro che indossava sopra camicia e cravatta.

Un giorno, che ero in disparte ad osservare gli altri bambini che giocavano a calcio durante la ricreazione, si avvicinò e mi chiese il perché fossi da solo. Gli spiegai il motivo e lui prontamente mi propose se volessi provare a suonare l’organo elettrico che si trovava in chiesa. La proposta mi stupì ed esaltò al contempo. Con la scusa di cercare un potenziale sostituto come organista, da quel pomeriggio, cominciai ad esercitarmi sulla tastiera ad eseguire scale su scale.

Nei suoi ritagli di tempo, il guardarobiere mi raccontava aneddoti su musicisti che io sconoscevo; in particolare egli era un grande appassionato di Mozart.

Talvolta mi diceva:

“Cedimi il posto che ti faccio ascoltare questo pezzo…” e io restavo estasiato e rapito.

Una domenica, durante la Messa, arrivati all’Offertorio, eseguì una musica che non mi era sconosciuta ma era suonata in modo molto più lenta del dovuto. Guardai con aria interrogativa, fissandolo, il guardarobiere e lui con un sorriso mi fece l’occhiolino:

Il mattacchione stava eseguendo la rutilante “Marcia turca” di Mozart, ma visto il contesto, l’aveva trasformata e suonata con un tempo lento-moderato.

This work is licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *