INCIPIT… 03 “GRAZIE NON HO SETE”
I ragazzi, o meglio, gli adolescenti di oggi, siamo nel 2024, soffrono apparentemente di una profonda fragilità.
Per qualsiasi “necessità” è quasi un obbligo esaudire le loro richieste e questi desideri sono quasi esclusivamente delle necessità consumistiche:
“Mamma, papà, i miei amici hanno tutti l’ultimo modello di smartphone; tutti si fanno tatuare; per muoversi tutti hanno uno scooter e qui il cuore pavido delle mamme:
“Ma gioia, al posto dello scooter perché non compriamo una macchinetta, almeno sei più protetto!”
Se i genitori non esaudiscono le varie e costose richieste dei figli che succede? Ma ovvio c’è il fondato rischio che il ragazzo o la ragazza cada in depressione e se no: “come si fa, cresciamo un figlio asociale?”
Il dialogo tra generazioni è ridotto al minimo: ogni componente della famiglia è chiuso nel proprio mondo “Social” e anziché chiedere ai figli: “Come è andata la mattinata a scuola; quali argomenti hanno trattato i professori” e domande simili atte ad approfondire e mantenere vivi i rapporti intergenerazionali, ci si preoccupa di fatuità come: “Hai visto l’ultimo post dell’influencer tal dei tali?”
Risposta: “Si mamma, figo” e qui finisce il dialogo.
Facciamo un salto indietro di qualche anno; siamo nei primi degli anni settanta. Allora avevo quindici o sedici anni.
Io e i miei amici, generalmente usavamo come mezzo di locomozione il “cavallo di San Francesco” cioè andavamo a piedi.
Per metterci d’accordo dove vederci il sabato sera non avevamo gli smartphone ma dovevamo aspettare che i fratelli o sorelle maggiori lasciassero libero il telefono fisso di casa occupato da interminabili telefonate tra innamorati e dovevamo approfittare che uno dei genitori gridasse loro: “E allora, lo lasci libero il telefono che se devono avvertirci di qualcosa trovano occupato!” Non si sapeva mai bene chi fosse questo “avvisatore”.
Allora a Catania le pizzerie, adatte alle scarse possibilità di noi ragazzi, erano veramente poche; forse arrivavano a non più di tre. Una di queste era la Pizzeria Rio in Corso Italia. Il Budget settimanale di cui potevo disporre era di 500 lire, corrispondenti come valore d’acquisto ai 5 Euro di oggi.
Raggiungevamo all’ora stabilita, in genere alle ore venti, la pizzeria e ci issavamo sugli alti sgabelli posti davanti a dei ripiani a mensola che circondavano le tre pareti disponibili. Al centro c’era il bancone per le ordinazioni e il ritiro delle pizze appena sfornate.
La pizza che ordinavo sempre era la margherita che costava 500 lire.
Alla domanda che inevitabilmente ricevevo dagli amici:
“E tu non prendi niente da bere?” rispondevo con grande dignità:
“No grazie, non ho sete”.
This work is licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International
Lascia un commento